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Nebulosa Scopa della strega

Come spesso accade nella vita, anche le cose più belle e che credevamo immortali sono destinate a finire. Non fanno eccezione le stelle. Ma…………!!!

Sicuramente proviamo una sensazione di tranquillità guardando il cielo stellato con la sua bellezza apparentemente immutabile, ma l’universo non è un lungo tanto tranquillo. Le stelle nascono e muoiono con gigantesche esplosioni in un ciclo incessante ma a volte la morte di una stella può creare una visione d’ineguagliabile bellezza e formare in cielo strane strutture.

La foto che ho fatto riprende una parte della più grande nebulosa Velo, il resto appunto di una stella esplosa circa 8000 anni fa, l’immagine è centrata su una parte conosciuta meno formalmente come Nebulosa Scopa della Strega, più conosciuta nel mondo astronomico come NGC6960 (La stella brillante al centro dell’immagine è 52 Cygni, non connessa all’antico resto di supernova).

L’onda d’urto dovuta all’ esplosione si espande nello spazio eccitando il materiale interstellare. I brillanti filamenti, ripresi con filtro a banda semi-stretta, formano delle lunghe increspature solcate da altre trame ben distinte. Idrogeno (rosso) e ossigeno (blu-verde). La Nebulosa Scopa di Strega si estende per circa 35 anni luce. (con una delle nostre sonde più veloci impiegheremmo circa 630.000 anni a percorrerla tutta)

Ma ……… !!! è anche vero che quel materiale che resta della stella andrà ad arricchire altre nebulose dove poi nasceranno altre stelle e altre meravigliose storie.

Come è stata fatta questa foto: Iniziamo con il dire che sono circa 3 ore di esposizione. L’obiettivo usato è un apocromatico da 450mm di focale e 71mm di diametro. La camera di ripresa è una asi 183mc portata alla temperatura di 5 gradi centigradi con un gain (sensibilità) a 250. Sono tutti scatti da 240 secondi. Naturalmente il tutto su una montatura equatoriale stazionata benissimo per compensare la rotazione terrestre. Sono stati poi fatti dei dark frame, praticamente delle foto con il tappo sull’obiettivo ma con lo stesso tempo di esposizione e stessa temperatura, per eliminare il rumore elettronico della macchina dall’immagine finale che ci rilascia il programma che sviluppa la foto. E’ più corretto usare l’espressione sviluppo della foto e non elaborazione trattandosi di un’immagine a 32 bit quindi molto profonda di segnale che quando la apriamo con qualsiasi programma risulta praticamente nera. A quel punto iniziamo a sviluppare la foto e a tirare fuori il segnale accumulato nelle 3 ore di ripresa.

IL SOLE in H-Alpha

Naturalmente queste foto vengono effettuate con un telescopio solare in h-alpha. E’ stata usata una camera di ripresa cmos asi 183mc collegata direttamente al telescopio.

Di solito uso il software sharpcap per catturare i filmati in avi con un ROI abbastanza piccolo per poter avere più frame possibili in un tempo relativamente breve (al massimo 75 secondi) per scongiurare anche il minimo effetto rotazione del sole.

Per le protuberanze uso un gain di 200 e un tempo di 10ms, mentre per la fotosfera uso sempre il tempo di 10ms ma un gain di 70.

Quindi vengono ripresi dei filmati, (non a colori) anche di 8000 frame, che poi vengono gestiti usando il programma Autostakkert che ci restituisce un grafico di qualità, a quel punto dobbiamo essere bravi a scegliere la percentuale giusta dei frame, in base appunto alla qualità delle immagini, (per fare un esempio sulla prima foto sono stati usati soltanto 400 frame su 8000) e scegliere la giusta “image stabilization anchor” che il programma prenderà come ancora per la somma delle foto. Per la fotosfera si può lanciare Place AP grid, dobbiamo soltanto scegliere la grandezza, mentre per le protuberanze i punti di griglia li inserisco manualmente soltanto sulle protuberanze e sul profilo del sole.

Poi si lancia lo stack e il programma provvederà ad allineare le immagini scelte e a sommarle.

Stazione spaziale internazionale

Prova di ripresa della stazione spaziale internazionale con telescopio.

Ho usato un telescopio meade schmidt-cassegrain con camera asi zwo 178. Inseguimento con telescopio in parallelo

Per l’acquisizione è stato usato il programma sharpcap con i seguenti dati: 1,6 ms con gain 250, gamma 50.

Il campionamento ottimale per pixel da 2,4 è 13,2 mentre io avevo un valore 10 quindi non il massimo.

Scoiattolo “volante”

Scoiattolo ripreso con tempo di scatto di 1/4000 di secondo, diaframma 5,6 – focale 400mm

L’importante è essere perpendicolari alla traiettoria del salto, messa a fuoco manuale sul punto dove potrebbe saltare e poi aspettare. E’ chiaro che avevo già notato che quello era uno dei punti preferiti per spiccare il salto.

Islanda – Laguna Jokulsarlon

Si trova nel sud-est dell’Islanda la laguna glaciale Jokulsarlon, letteralmente “laguna del fiume del ghiacciaio”.
Gli iceberg si staccano dal fronte del vicino ghiacciaio Breiðamerkurjökull, che fa parte del grande ghiacciaio Vatnajökull. La laguna fluisce nell’oceano Atlantico attraverso un breve canale, lasciando blocchi di ghiaccio su una spiaggia di sabbia nera.

Il colore blu di alcuni Iceberg è apprezzabile di più se il cielo è nuvoloso, altrimenti la luce del sole impatterebbe forte sul blocco di ghiaccio e il colore non sarebbe più cosi apprezzabile. Ma perchè alcuni blocchi sono blu?
Quando la neve si accumula, il peso della neve sulla parte superiore la compatta, spremendo l’aria che la trasforma da neve a quello che viene chiamato firn (neve parzialmente compatta) fino a raggiungere la densità di essere un blocco di ghiaccio (con bolle). In un grande ghiacciaio, però, centinaia o migliaia di metri di ghiaccio possono esercitare una pressione tale che gli spazi delle bolle si compattano sempre più fino a scomparire e l’aria si dissolve nel ghiaccio stesso.
Quindi ciò significa che più è blu ( e senza bolle) un pezzo di ghiaccio è tanto più proviene dalle profondità del ghiacciaio, e questo significa che ha viaggiato anche da più in alto nel bacino del ghiacciaio ed è, quindi, più vecchio.

Alcuni blocchi di ghiaccio poi vengono riportati a riva dalla marea e si possono vedere sulla famosissima spiaggia nera di Fellsfjara.

Alcune foto della galleria sono state fatte con un filtro ND500, quindi il tempo allungato di 9 stop ha fatto si che l’acqua venisse piatta e senza increspature. Esempio, nella foto n. 4 il tempo di esposizione è stato di 25 secondi a diaframma 16 iso 100

Fulmini e saette

Fotografare i fulmini non è poi così difficile. Anche non possedendo telecomandi speciali come i famosi PLUTO TRIGGER si possono fare belle foto. Cosa importante, devono esserci i fulmini e se poi aggiungiamo un paesaggio ancora meglio

Queste foto sono state scattate con obiettivo 16-35mm e con obiettivo 100mm su 2 macchine fotografiche diverse. Il diaframma è variato da 16 a 11 ed il tempo da 10 a 20 secondi.

Con un semplice telecomando timer da pochi euro sulla canon 6d con 100mm e con timer incorporato sulla canon 7dm2 con obiettivo 16-35, si possono impostare le sessioni lasciando naturalmente qualche secondo di riposo al sensore tra uno scatto e l’altro. Io ne ho lasciati da 5 a 7sec.

Ogni 5-10 minuti consiglio sempre di ricontrollare l’esposizione soprattutto se si inizia con un cielo ancora con zone di chiarore. Raccomando sempre di controllare l’istogramma per non far venire bruciate alcune zone del paesaggio sottostante.

Nebulosa velo

Nebulosa Velo

Questa nebulosa è un antico resto di supernova; la stella che ha originato quest’oggetto è esplosa 8000 anni fa e aveva 20 volte la massa del Sole, si trovava a 2100 anni luce dalla Terra nella costellazione del Cigno. Questa nuvola colorata si espande per circa 110 anni luce. I deboli filamenti, sono ancora in espansione alla velocità elevatissime, e questa grande velocità di espansione fa sì che abbia anche un elevato indice di dispersione della sua materia, quindi questa meraviglia del cielo si disperderà nel mezzo interstellare, “quasi” senza lasciare traccia. I meravigliosi colori sono stati generati dalle variazioni di temperatura e densità degli elementi chimici presenti nella nebulosa. I filamenti blu delineano una cavità creata dal vento stellare. Nascoste tra queste strutture luminose, ci sono i filamenti rossi sottili e “taglienti”, vale a dire emissioni di idrogeno più deboli. La parte più in alto nella foto viene denominata “scopa di strega “

Integrazione di 20 light frame da 240 sec. + dark + Filtro l-enanche camera asi 183 raffreddata a -10°c

La Nebulosa Aquila

La Nebulosa Aquila è una nebulosa a emissione composta da idrogeno ionizzato. Situata a una distanza di circa 7000 anni luce, la Nebulosa dell’Aquila è una splendida nursery stellare, una regione di gas e polveri, dove si stanno formando al momento giovani stelle e dov’è appena nato un ammasso di calde stelle massicce. La luce potente e i venti forti provenienti da questi nuovi astri massicci stanno formando pilastri lunghi anni luce, che nell’immagine si vedono in parte proiettati sul brillante sfondo della nebulosa. La seconda foto è un ritaglio della prima ma con più contrasto per evidenziare queste formazioni. Questa formazione è conosciuta come i Pilastri della Creazione. In basso nella seconda foto si trova una colonna di materia molto allungata, soprannominata “la Guglia” Nella parte terminale di questa struttura è stato identificato un bozzolo ionizzato ad alta velocità. La guglia è già quasi evanescente nella sua struggente bellezza e pensate che si prolunga per circa 10 anni luce. (630.000 volte la distanza Terra-Sole)Dentro ai pilastri, il gas è abbastanza denso da collassare sotto il suo stesso peso, così da formare giovani stelle. Queste colonne di gas e polvere sono state scolpite, illuminate e distrutte simultaneamente dall’intensa luce ultravioletta proveniente dalle stelle massicce dell’ammasso NGC 6611, il recente ammasso di stelle adiacente. Fra pochi milioni di anni, un battito di ciglia nella storia dell’universo, saranno sparite per sempre. La massa totale delle aree dense dei soli tre Pilastri è stimata sulle 200 masse solari.

Lo scatto è stato realizzato sommando 60 light frame 240 sec. + 31 dark con camera ASI 183 raffreddata a -10 c° su Telescopio sdq71 f6.3 Guida PHD2 con ASI178 su 50/200

Lo sviluppo della foto, ricordiamo che ci viene restituita un’immagine scura a 32 bit non leggibile, è stato effettuato con Software Pixinsight + Camera RAW

Quelli che vengono chiamati “i pilastri della creazione”

Fotografare le Farfalle

Tarda primavera ed inizio estate è il momento migliore per fotografare le farfalle. Unico inconveniente? Bisogna alzarsi veramente presto.

La mattina presto gli insetti sono più fermi, infatti le farfalle hanno bisogno del calore del sole per riuscire a utilizzare le loro ali, e proprio per questo motivo risultano essere più lente quando l’aria è ancora fresca del mattino. Anche il tramonto può essere un buon momento.

Sia perché la luce del sole, ancora basso, è la migliore. Dopo una certa ora, soprattutto nel periodo estivo, la luce diventa anche troppo dura e la foto ne risente nel risultato finale.

La luce sulla farfalla deve essere omogenea altrimenti si potranno creare zone d’ombra e cerchiamo di metterci il più possibile alla loro altezza posizionando la macchina con il sensore parallelo alle ali. (il più possibile almeno).

Un piccolo pannellino riflettente potrebbe essere di grande aiuto per fotografare le farfalle, come potrebbe esserlo un flash circolare, da attaccare all’obiettivo, che possa fungere anche da semplice lampada. (su internet si trovano anche a meno di 50 euro)

Abbassare qualche filo d’erba che si trova subito dietro per poter rendere lo sfondo più omogeneo e che non disturbi.

E se il soggetto non è abbastanza lontano dallo sfondo? Possiamo fotografare le farfalle lo stesso, cercando di fare in modo che lo sfondo entri a far parte dell’immagine, dando magari un’idea sull’ambiente in cui vive il lepidottero.

Se possibile utilizziamo la messa a fuoco manuale, e sempre se possibile, utilizziamo la tecnica del focus stacking soprattutto per la zona degli occhi che potrebbe non essere sullo stesso piano focale delle ali.

INDISPENSABILE un cavalletto o un monopiede.

RICORDIAMO CHE le farfalle sono molto delicate, non serve fare forzature estreme e danneggiarle solo per poter portare a casa una foto

Per le foto riportate in questo artico è stato utilizzato un obiettivo macro 100mm di focale

Un prisma e un grandangolo

Un prisma di Newton, una scatola e un obiettivo grandangolare bastano per divertirsi con la luce del sole. La velocità della luce varia a seconda della lunghezza d’onda. Quando la luce attraversa un mezzo denso, come il prisma di vetro cambia la sua velocità. Pertanto, l’angolo di rifrazione della luce varia a seconda della lunghezza d’onda. L’angolo di rifrazione è più alto nelle alte frequenze, (blu e viola) è più basso nelle basse frequenze (rosso e arancione)Per questa ragione si forma un ventaglio di colori dal rosso al viola chiamato spettro (dal latino spectrum – apparizione). In conclusione, nella dispersione della luce i raggi sono deviati con un angolo differente a seconda della lunghezza d’onda. Tutto questo fu scoperto da Newton nel 1665, e non solo, quel geniaccio di Newton scopri che era possibile ricomporre i colori in luce bianca con un secondo prisma rovesciato, dimostrando che la scomposizione della luce è un fenomeno fisico reversibile. Una curiosità: Il prisma a base triangolare è il soggetto della copertina dell’album The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd. Tuttavia nella figura è mostrato il raggio di luce che rimane bianco dopo la prima rifrazione all’interno del prisma. Questo non è esatto perché la differenza nella velocità dei diversi colori della luce dovrebbe causare una dispersione e mostrare lo spettro anche nella prima rifrazione.